Cosimo de' Medici, Pater Patriae. (Galleria degli Uffizi)
Diversi fattori impediscono tuttavia la nascita di uno Stato unitario come avviene nel resto d'Europa: al timore del Papato di veder sorgere una potenza statale in grado di compromettere la sua autonomia, si aggiunge la suddivisione in tanti piccoli
Comuni, che lentamente si tramutano in Signorie, rette da importanti famiglie, come i Medici a Firenze, i Visconti e gli Sforza a Milano, i Della Scala a Verona e gli Este a Ferrara. I capi politici italiani devono supplire con l'intelligenza strategica alla superiorità di forze degli stati nazionali europei. Un esempio è Cosimo de' Medici, tra i maggiori artefici del Rinascimento fiorentino, la cui politica estera saprà individuare nella concordia italiana l'elemento chiave per impedire agli stati stranieri di intervenire in Italia approfittando delle sue divisioni.[22]
La strategia di Cosimo, proseguita dal suo successore Lorenzo il Magnifico, non viene compresa dagli altri prìncipi italiani, e si conclude con la morte di Lorenzo nel 1492. Da allora l'Italia diventa il teatro di numerose invasioni straniere: dapprima da parte francese ad opera di Carlo VIII e Luigi XII, poi delle truppe spagnole di Carlo V. L'inizio della dominazione straniera si deve quindi al ritardo del processo politico di unificazione, ma fa anche registrare episodi di patriottismo, come il gesto di Ettore Fieramosca nella disfida di Barletta.[23]
Nella seconda metà del Cinquecento comincia il tramonto della vitalità rinascimentale, indebolita anche dalle nuove tensioni religiose dovute all'avvento della riforma protestante in Europa, che avevano portato ad episodi luttuosi come il sacco di Roma del 1527 ad opera dei Lanzichenecchi. Soltanto la repubblica di Venezia manterrà una certa prosperità e autonomia politica. Il Seicento è invece un secolo di crisi per tutto il paese: la Chiesa, che ha subìto la perdita dell'unità cristiana dei fedeli, cerca con la controriforma di rafforzare la sua presenza nei paesi rimasti cattolici, sia con iniziative educative e assistenziali, sia isolandoli dall'influsso degli stati protestanti. L'Italia viene così salvaguardata dai conflitti religiosi che si accendono in Europa, ma è soggetta ugualmente a carestie, spesso seguite da epidemie.[24] Scoppiano perciò numerose rivolte contro la dominazione spagnola, di cui la più nota avviene a Napoli nel 1647 ad opera di Masaniello, ma non portano a nessun cambiamento.
All'inizio del Settecento finisce il periodo di pace e di torpore: a seguito dei trattati di Utrecht e Rastatt, gli Asburgo d'Austria si impossessano di vari domini italiani subentrando agli spagnoli.[22] Tornata la pace in tutta la penisola, dalla seconda metà del secolo, la diffusione dell'illuminismo fa sì che anche l'Italia venga investita da importanti riforme, che coinvolgono in particolare il Ducato di Milano sotto Maria Teresa d'Austria e Giuseppe II d'Asburgo, il Granducato di Toscana sotto Pietro Leopoldo di Lorena, che nel 1786 con il codice leopoldino abolisce, per la prima volta nella storia, la pena di morte e il Regno di Napoli, animato dal vivace dibattito dei pensatori. Di rilievo le figure degli intellettuali Giambattista Vico, Gaetano Filangieri, Cesare Beccaria, Alessandro e Pietro Verri[25].
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